La comprensione e lo studio dei processi fondamentali che hanno luogo nell’atmosfera terrestre sono legati a doppio filo con lo sviluppo degli strumenti per il sondaggio delle grandezze fisiche che li caratterizzano: concentrazione dei vari costituenti, densità, velocità e direzione dei venti, ecc. Alcuni di questi strumenti, chiamati di telerilevamento attivo, sono basati sullo studio della risposta del sistema fisico a un’emissione di onde elettromagnetiche o acustiche. In questo campo uno degli strumenti più utilizzati e con una consolidata storia alle spalle è il LiDAR, Light Detection And Ranging, uno strumento di monitoraggio a sorgente laser.
L’idea di analizzare la luce retrodiffusa dalle particelle alle diverse quote per misurare il profilo di densità dell’alta atmosfera precede addirittura l’invenzione del laser1. Infatti dagli studi di Rayleigh (1842–1919) e Mie (1869–1957) sull’interazione tra luce e materia era chiaro che, attraverso lo studio della luce retrodiffusa dai diversi strati dell’atmosfera, sarebbe stato possibile dedurre la composizione della stessa con la conoscenza dei coefficienti di assorbimento e diffusione dei diversi costituenti.
Dal laser al LiDAR
Parallelamente all’invenzione del laser nel 1960 iniziarono i primi sviluppi della moderna tecnologia LiDAR. Storicamente il primo a utilizzare il laser per il telerilevamento attivo in atmosfera è stato Giorgio Fiocco2 [3], docente di Fisica Terrestre all’Università Sapienza di Roma e membro del G24, il gruppo di ricerca che usa quotidianamente sistemi LiDAR montati al quinto piano del Nuovo Edificio di Fisica (cfr. Figura 1) per lo studio di diversi parametri atmosferici [4].

Figura 1 – Foto di uno dei sistemi LiDAR con emissione a 532 nm (colore verde) installato sul tetto del Nuovo Edificio di Fisica all’Università Sapienza di Roma. Dal sito del G24.
La storia degli sviluppi delle tecniche LiDAR si muove parallelamente agli sviluppi tecnologici dei laser e dell’elettronica moderna, verso prestazioni sempre più alte nella risoluzione spaziale e temporale delle misure per il sondaggio atmosferico e non solo. Nel tempo sono stati costruiti, a seconda delle esigenze di ricerca, diversi modelli di LiDAR atti allo studio di vari processi, da quelli turbolenti della bassa atmosfera a quelli legati a bassissime concentrazioni di gas o alla distribuzione degli aerosol, particelle micrometriche o nanometriche che svolgono un ruolo importante nei processi radiativi in atmosfera. Questi ultimi possono avere origine naturale o antropogenica e il problema della loro incidenza diretta e indiretta sul cambiamento climatico globale è una questione aperta e molto studiata. Si può vedere ad esempio il report dell’IPCC del 2007 su questo problema, mentre sui possibili effetti indiretti si veda anche [5].
È impossibile in questa breve nota dar conto dei numerosi sviluppi nella ricerca legata al LiDAR [6], pertanto tenteremo di fornire un’idea del principio di funzionamento di questo strumento descrivendone una tipologia particolare, che sfrutta i processi di retrodiffusione elastica in atmosfera.
Uno sguardo dentro il LiDAR
Focalizziamo la nostra attenzione sull’apparato rappresentato schematicamente in Figura 2. Il sistema è composto da una sorgente laser che emette verticalmente radiazione di una certa lunghezza d’onda (nel caso della Figura 1 a circa 532 nm, corrispondente al verde) e da un ricevitore che, attraverso un opportuno sistema ottico, raccoglie la luce retrodiffusa da ogni strato di spessore Δz del mezzo sovrastante e la incanala verso un rilevatore di radiazione.
Il fotomoltiplicatore è un rilevatore di radiazione che converte il segnale luminoso in una corrente di elettroni e quindi in un segnale analogico. I fotoni colpiscono una superficie fotosensibile chiamata fotocatodo, da cui vengono emessi per effetto fotoelettrico degli elettroni, che vengono poi accelerati con una serie di elettrodi (chiamati dinodi) disposti all’interno di un tubo da vuoto. Gli stessi elettroni, colpendo i dinodi, stimolano l’emissione di altri elettroni, da cui una moltiplicazione a cascata che arriva all’altra estremità del tubo chiamata fotoanodo. Il segnale viene infine elaborato e analizzato tramite un computer. Questa schematizzazione semplificata descrive una particolare configurazione, detta monostatica, dell’apparato LiDAR, utilizzata spesso per lo studio dei processi di retrodiffusione (backscattering) elastica della radiazione3.

Figura 2 – Schema dell’apparato LiDAR in configurazione monostatica: un fascio laser viene sparato verso l’alto e diffuso dallo strato di spessore Δz a quota Z. La luce diffusa viene poi raccolta da un telescopio e indirizzata a un rilevatore che consente di analizzare il segnale.
Ma cosa possiamo imparare dallo studio del segnale registrato? Per capirlo è necessario riflettere sui processi di interazione nell’atmosfera tra la radiazione e la materia presente alle diverse quote. Nella configurazione appena descritta la sorgente luminosa è quasi monocromatica, cioè a lunghezza d’onda fissata, ad esempio nel visibile, e proveniente da un laser impulsato. Le caratteristiche della sorgente laser sono fondamentali nel determinare la risoluzione spaziale e temporale della misura: la durata degli impulsi permette di determinare la quota alla quale la radiazione raccolta a un certo istante è stata diffusa. La luce emessa dal laser interagisce con le particelle presenti nei vari strati dell’atmosfera e in generale può essere assorbita o diffusa in modo diverso al variare dalle caratteristiche fisiche e geometriche delle particelle, che possono essere molecole o aerosol. Il segnale registrato è il risultato di una serie di interazioni della luce con la materia, descritte da una legge di estinzione4.
Aerosol in atmosfera
Lo studio del ruolo degli aerosol atmosferici è molto importante nella ricerca attuale in fisica dell’atmosfera, specialmente per la comprensione dei processi di trasferimento radiativo. A differenza delle proprietà ottiche delle molecole, descritte in modo completo dalla teoria di Mie, l’indagine sulle proprietà ottiche dei diversi tipi di aerosol presenti in atmosfera e sull’effetto della loro presenza è un argomento tuttora molto studiato e il LiDAR è uno degli strumenti più utilizzati a questo scopo.
Per chiarire questo punto è sufficiente guardare la Figura 3, in cui si presenta il rapporto di retrodiffusione5 giornaliero alle diverse quote, in un sondaggio effettuato alla Sapienza il 19 luglio 2010. Questo grafico mostra l’effetto della presenza degli aerosol alle diverse quote e al variare delle ore rispetto alla diffusione che si avrebbe in un’atmosfera puramente molecolare. Tramite sondaggi di questo tipo è possibile indagare la distribuzione degli aerosol al variare della quota.
Oltre l’atmosfera

Figura 3 – Esempio di un sondaggio giornaliero sul rapporto di retrodiffusione effettuato con il LiDAR alla stazione della Sapienza il 19 luglio 2010. Dal sito del G24.
Fin qui abbiamo accennato ad alcune applicazioni del LiDAR nella fisica dell’atmosfera, riguardanti lo studio dei processi di trasferimento radiativo e degli aerosol e il sondaggio delle grandezze fisiche e meccaniche (densità, temperatura, velocità e direzione del vento). Ma il LiDAR è uno strumento ormai utilizzato in un gran numero di applicazioni, dal monitoraggio ambientale all’oceanografia. In particolare sono diversi gli utilizzi dei sistemi LiDAR montati sugli aerei, detti Airborne Lidar, che consentono di fare sondaggi atmosferici da quota, ma anche di effettuare misure sulla profondità dei fondali marini [7]. Da questo punto di vista il LiDAR ha anche diverse applicazioni nella gestione delle regioni costiere, consentendo di avere un quadro estremamente preciso della geomorfologia dei bacini dei fiumi e dei bacini marini anche nelle zone meno profonde.
Similmente il LiDAR consente di effettuare una fotografia della topografia terrestre anche in zone boscose. Questa potenzialità è stata recentemente esplorata per lo studio delle faglie attive in regioni a rischio sismico in cui la copertura boscosa non consentirebbe di identificarle in altri modi [8]. Esiste infatti un algoritmo che consente di disboscare virtualmente la regione interessata e di studiare in modo diretto la topografia della superficie. L’individuazione con questo metodo delle faglie attive può avere un ruolo importante per l’identificazione delle zone a maggiore rischio sismico su un territorio.
Una menzione particolare va poi data al progetto della NASA, realizzato nel 1994, basato sul montaggio della tecnologia LiDAR a bordo di una stazione spaziale. Il progetto Lidar In-space Technology Experiment (LITE) ha portato a diversi studi sull’atmosfera terrestre, dai processi radiativi, allo studio dell’effetto degli aerosol sull’albedo, all’evoluzione dello strato limite planetario (PBL) [9].
Si può insomma ben dire che il LiDAR sia uno di quegli strumenti che ci stanno aiutando, non solo metaforicamente, a portare un po’ di luce nella nostra comprensione della natura.