La storia della superconduttività comincia con un appunto, scritto da Heike Kamerlingh Onnes l’11 Aprile 1911 di fronte alle stupefacenti proprietà conduttive del mercurio. Fu grazie alla possibilità della liquefazione dell’elio, messa a punto nel suo laboratorio dell’università di Leiden, che il fisico danese poté cominciare a sondare le caratteristiche del materiale: nel passaggio a temperature inferiori a 4,2 K (circa -269 °C) egli osservò una drastica riduzione della resistenza elettrica nel rame [1].
“Kwik nagenoeg nul”
“[Resistenza del] mercurio praticamente nulla”
Heike Kamerlingh Onnes (1911)
Da allora l’interesse per la superconduttività è cresciuto sempre più: nel 1933 venne scoperto l’effetto Meissner, per cui un materiale in stato superconduttivo non solo perde praticamente la sua resistenza elettrica, ma è anche in grado di espellere entro certi limiti un campo magnetico applicato dall’esterno. Negli anni Cinquanta cominciarono i primi tentativi di realizzazione di magneti superconduttori. Negli anni Sessanta venne scoperta la lega NbTi (Niobio di Titanio) che costituisce il materiale a oggi più diffuso per la realizzazione di magneti superconduttori. Nel 1979 venne realizzato il primo magnete per le applicazioni di Risonanza Magnetica Nucleare (RMN). Nel 1984 vennero utilizzati i primi magneti superconduttori nell’acceleratore di particelle americano Tevatron. Oggi, 9300 magneti superconduttori sono alla base delle magnifiche performance del Large Hadron Collider (LHC) presso il CERN di Ginevra.
Sempre più freddo!
La superconduttività costituisce il cuore pulsante della ricerca nella fisica delle alte energie. In un acceleratore circolare, le particelle devono essere mantenute su un’orbita chiusa e allo stesso tempo devono essere accelerate. Queste due operazioni si ottengono tramite l’uso di magneti e cavità a radiofrequenza: i magneti, in particolare i dipoli, hanno il compito di creare un campo magnetico perpendicolare alla direzione del moto della particella e quindi di deviarne la traiettoria grazie alla forza di Lorentz; le cavità hanno il compito di trasferire energia alla particella tramite la formazione di un campo elettrico sincrono con la stessa (Forza di Coulomb).
I magneti
Prendiamo in analisi i dipoli magnetici. In tecnologia non superconduttiva i massimi valori di campo ottenibili sono 1,5 – 2 Tesla, generati da intense correnti che scorrono in bobine perpendicolari al campo. Valori superiori si potrebbero ottenere aumentando le correnti, ma la dissipazione termica e i limiti strutturali del magnete renderebbero il progetto inefficace. Questo motivo sarebbe di per sé sufficiente a spiegare l’uso di materiali superconduttivi per dipoli con campi molto intensi, tuttavia bisogna chiedersi “che intensità di campo magnetico si raggiunge in un acceleratore?”. Con un po’ di conti, si può dimostrare [2] che per un fascio di particelle di protoni circolanti in un acceleratore si ha p = 0,33 B ρ, dove p è il momento della particella in GeV/c, B il campo magnetico in Tesla che attraversa nel passaggio nei dipoli, ρ il raggio di curvatura dei dipoli in metri1. Nella fisica delle particelle elementari, per la scoperta di nuove particelle (l’Higgs per esempio), è necessario che le loro collisioni avvengano a energie molto alte, il che comporta la necessità di campi magnetici elevati per mantenere di dimensioni ragionevoli il raggio di curvatura ρ e quindi le dimensioni dell’acceleratore stesso. Il design di LHC [2] prevede fasci di particelle in collisione con un momento p = 7000 GeV/c mantenuti su un’orbita chiusa (di circa 4,3 Km di raggio!) da 1232 dipoli lunghi 15 m ciascuno. Questo fornisce un valore di campo magnetico B di circa 7 T, vicino al valore di design di 8,9 T, ottenibile solo in tecnologia superconduttiva.

Figura 1 – Elementi costitutivi di una fibra Rutherford in NbTi.
La tecnologia intorno a un magnete superconduttore è tanto complessa quanto affascinante. Per garantire un campo magnetico di 8,9 T si utilizzano fibre superconduttive in NbTi alla temperatura di 1,9 K, raggiungibile con elio in stato superfluido. Nella figura in alto sono riportati diversi ingrandimenti di un cavo Rutherford, del tipo utilizzato per il trasporto di corrente nei magneti di LHC. La corrente in circolo varia tra 10 mila e 15 mila A. Ogni cavo contiene 36 strand, ognuno dei quali formato da 3600 filamenti di NbTi superconduttore con uno spessore di 6 micron (10 volte più sottile di un capello). Il filamento è immerso in una matrice di rame per garantire un’adeguata dissipazione del calore nel passaggio allo stato non superconduttivo.
In un normale magnete, ciò che dà la forma al campo magnetico è la posizione delle facce dei poli ferromagnetici (si pensi al classico magnete a C). In un magnete superconduttore, la forma del campo è data dalla disposizione dei cavi che trasportano corrente, l’uso del ferro è funzionale solo al contenimento del campo magnetico. La resistenza nulla del NbTi superconduttore permette di raggiungere densità di corrente dell’ordine di 2000 A/mm2, necessarie a sostenere campi di 8,9 T.
Nella figura in basso sono riportate le sezioni trasverse tipiche di un dipolo e un quadrupolo. Un dipolo, come descritto in precedenza, serve a deviare l’orbita delle particelle e deve possedere un campo magnetico il più omogeneo possibile all’interno delle due beam pipe dove circolano i fasci. Questo si può ottenere disponendo le fibre su due archi, come a sinistra nella figura. Un quadrupolo serve per mantenere il fascio focalizzato e si può ottenere disponendo le fibre su quattro archi, come a destra nella figura. I termini successivi (sestupoli, ottupoli, fino ai dodecapoli!) vengono utilizzati per correggere l’orbita o aumentare la stabilità del fascio circolante e si ottengono con distribuzioni di corrente simili.

Figura 2 – Sezione trasversa di due magneti utilizzati in LHC. A sinistra
la sezione di un dipolo; a destra quella di un quadrupolo.
La relativa semplicità con cui si possono disporre le fibre superconduttive permette di ottenere qualità di campo non comparabili in tecnologia normale. La dissipazione di potenza è 40 volte inferiore e le dimensioni più compatte.
Le cavità
Per accelerare il fascio è necessario trasferirgli energia creando un campo elettrico assiale nella stessa direzione del fascio circolante (modo TM010 visibile in Figura). Le cavità impiegate negli acceleratori di particelle sono tipicamente di forma cilindrica e accoppiate alla sorgente RF di potenza, i klystrons. Lavorare a basse temperature impiegando materiali superconduttivi presenta notevoli vantaggi anche per le cavità: si riduce notevolmente la dissipazione di energia sulle pareti della cavità aumentandone il cosiddetto fattore Q, definito come rapporto tra energia immagazzinata e dissipata (valori tipici di 104 per tecnologia non superconduttiva e 1010 con NbTi); aumenta il gradiente di tensione imponibile sull’asse della cavità fino a oltre 50 MV/m; consente un apertura maggiore della cavità, con conseguente riduzione dello scattering elettromagnetico provocato dal passaggio del fascio (cioè della sua beam coupling impedance). In LHC, attualmente, sono presenti 8 cavità a 400 MHz, per un totale di 16 MV per ciascuno dei due anelli. La struttura accelerante superconduttiva è facilmente riconoscibile dal coating superficiale in NbTi e dalla forma tipica mostrata nella figura a lato. Le cavità sono leggermente arrotondate alle estremità per ridurre il campo elettrico sulla superficie e quindi il fenomeno del multipacting, per cui elettroni estratti dalla superficie, acquistando energia dal campo elettrico superficiale, impattano contro la superficie della cavità rilasciando energia ed estraendo altri elettroni con effetto a valanga.

Figura 3 – Lo schema di una cavita accelerante operante in modo `
TM010.
In generale, quindi anche in merito al design di magneti, si cerca di tenere sotto controllo ogni possibile fenomeno di dissipazione termica per evitare che la temperatura del superconduttore cresca riportandolo allo stato normale (cioè si verifichi un quench). Per questo motivo si presta particolare attenzione alla struttura meccanica dei magneti, delle loro fibre conduttive, alla qualità delle superfici delle cavità, al multipacting, alla presenza di percorsi alternativi per la corrente in caso di quench.
Sviluppi futuri

Figura 4 – Un esempio di cavita accelerante superconduttiva
Le applicazioni della superconduttività nella fisica degli acceleratori di particelle sono in continuo aumento e approfondimento: nuove leghe, come il Nb3Sn, potranno sostituire quelle in NbTi per ottenere 13 T di campo magnetico e aumentare quindi l’energia delle collisioni in LHC; nuove applicazioni sono previste per gli High Temperature Superconductors (HTS) in passato di difficile realizzazione pratica; cavità acceleranti con gradienti di tensione sempre più alti saranno alla base degli studi dei grandi collisori lineari come ILC o CLIC.
Cento anni sono ancora pochi, la giovinezza di questa scienza attrarrà ancora molti giovani scienziati che da essa vorrano lasciarsi condurre… o supercondurre!