Di tutte le proprietà che associamo alla materia, quella con la quale ognuno ha certamente più dimestichezza è la massa. Sin da bambini la nostra massa e la sua interazione con quella della Terra attraverso la forza di gravità ci rendono difficile gattonare e poi – lentamente – alzarci in piedi. In qualche modo questa è la prima esperienza di fisica di ogni essere umano. Spesso il senso comune porta addirittura a identificare la massa di un oggetto con l’oggetto stesso, ciò che lo rende consistente e tangibile, sebbene sia soltanto una delle proprietà quantistiche delle particelle che lo compongono. Ma vi è mai capitato di domandarvi da dove viene la massa, qual è la massa dei costituenti elementari della materia, e in che modo è legata a quella delle più familiari particelle delle quali siamo fatti?
La materia cosiddetta ordinaria, della quale è costituito ciò che ci circonda e che, per essere prodotta, non necessita di un esperimento di alte energie né di un evento astrofisico, è composta da elettroni, protoni e neutroni. I primi vengono oggi considerati particelle elementari, ossia non vi è alcuna evidenza che essi abbiano una struttura interna più complessa. Al contrario, protoni e neutroni ospitano al loro interno una fisica vivace: ciascun protone o neutrone è costituito da tre quark (di tipo u e d) che interagiscono fra loro scambiando gluoni (dall’inglese glue, ossia colla).
L’enigma del salto di massa
La massa dei protoni differisce di poco da quella dei neutroni, indice del fatto che i due sapori (ovvero, i due tipi di quark) di cui sono costituiti sono molto simili. Tuttavia la massa di ciascuno dei tre quark costituenti un protone è un centinaio di volte più piccola della massa del protone stesso! Quale è dunque il meccanismo responsabile di questo salto di massa? Come spesso avviene in fisica, la risposta a questo interrogativo è celata in una simmetria del modello matematico adottato. Nel 1960 Nambu e Jona-Lasinio ipotizzarono che la teoria dell’interazione forte dei quark (nota come cromodinamica quantistica) dovesse possedere una tale simmetria, proprio in virtù del fatto che la massa di u e d è tanto più piccola di quella delle particelle da essi composte, così da poter essere considerata nulla relativamente a questa. La teoria che ha avuto origine da questa straordinaria scoperta, la teoria della perturbazione chirale, ha fornito negli anni una gran quantità di predizioni sull’interazione adronica a bassa energia, la cui verifica sperimentale è il banco di prova delle teorie stesse. In questo contesto i Laboratori Nazionali di Frascati dell’INFN e l’acceleratore DAΦNE costituiscono un’occasione unica di verifica sperimentale, della quale gli esperimenti DEAR e SIDDHARTA sono la dimostrazione, ed AMADEUS il prossimo futuro.
DAΦNE e l’esperimento AMADEUS
AMADEUS studierà l’interazione di kaoni con protoni e nuclei leggeri, per verificare la possibilità che la forte interazione attrattiva dei kaoni negativi con i protoni, possa dare origine a stati quasi legati kaone-nucleo. I kaoni sono particelle strane che non si incontrano nella materia ordinaria, poiché la loro vita media è troppo breve. Essi decadono appena un istante dopo essere stati prodotti, in un tempo dell’ordine del miliardesimo di secondo. In virtù della loro massa, circa la metà di quella del protone, i kaoni giocano un ruolo molto particolare nella teoria della perturbazione chirale. Questo è il motivo per cui lo studio delle loro interazioni riveste così grande importanza. DAΦNE è una sorgente eccezionale di kaoni di bassa energia: l’acceleratore è costituito da due anelli lunghi circa cento metri, nei quali circolano, in versi opposti, elettroni e positroni (le antiparticelle degli elettroni). Elettroni e positroni, mantenuti in orbita da un complesso sistema di magneti, vengono fatti collidere in un punto detto di interazione, dando luogo alla formazione di circa duemila particelle φ al secondo. Queste sfuggevoli particelle hanno vita media brevissima (molto minore di quella dei kaoni) e decadono a loro volta in una coppia di kaoni. Ottenuta una sorgente di kaoni, c’è da affrontare il problema della scelta del bersaglio. Nel caso di AMADEUS, la scelta verte su bersagli costituiti da nuclei leggeri, nello specifico protoni (nuclei di idrogeno), nuclei di elio e del suo isotopo elio-3 (costituito da due protoni e un neutrone).

Prototipo del sistema di trigger di AMADEUS: avrà lo scopo di identificare i kaoni provenienti da DAFNE dalle altre particelle prodotte (cortesia personale dell’autore).
La scelta del bersaglio è dettata da necessità pratiche. Nello specifico, l’utilizzo di atomi più complessi introdurrebbe complicazioni nell’interpretazione dei dati. Il nucleo di carbonio contiene, ad esempio, sei protoni e sei neutroni. Trattare l’interazione a molti corpi kaone-nucleo necessiterebbe dell’introduzione di parametri e ipotesi aggiuntivi, rendendo proibitiva l’analisi delle particelle prodotte. I kaoni negativi provenienti dal punto di interazione penetreranno il bersaglio e, rallentati dagli urti con le molecole del gas, verranno catturati in un’orbita atomica spodestando un elettrone. Cadranno, poi, su orbite via via meno eccitate emettendo fotoni fin quando, eventualmente, l’interazione forte kaone-nucleo darà luogo alla formazione di un nucleo kaonico. L’eventuale stato kaone-nucleo è destinato a una vita brevissima e decade rapidamente in una serie di particelle figlie. Bisogna identificare proprio questi prodotti di decadimento e misurare le loro proprietà. Il punto di partenza in questo senso sarà fornito da un complesso rivelatore di nome KLOE, che sarà centrato sul punto di interazione e permetterà di ricostruire traiettoria, velocità, energia, massa e così via, delle particelle prodotte, indipendentemente dalla loro direzione.
Dalla teoria all’esperimento alla teoria
La teoria dell’interazione forte a bassa energia trarrà dall’esperimento AMADEUS evidenze essenziali per il suo sviluppo. La scoperta o meno della formazione di stati legati kaone-nucleo dirimerà un dibattito annoso, aprendo nuovi scenari in ambiti inaspettati, come, ad esempio, la stabilità delle stelle compatte. Dalle particelle elementari agli astri, il percorso della ricerca può sembrare tortuoso e accidentato, ma ad ogni passo l’orizzonte appare più chiaro e un pochino più ampio.

Alcuni dei componenti della collaborazione AMADEUS, davanti agli schermi della sala controllo del BTF, Beam Test Facility (cortesia personale dell’autore).