- Ricercatori… gente come noi
- Notte Europea dei Ricercatori
- Bruno Touschek tra moto ciclette e anti particelle
- Imbrigliare l’energia del Sole
- AMADEUS, la sinfonia delle forze
- L’osservatorio geodinamico di Rocca di Papa
- L’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare
Chi è un fisico? Cosa fa un fisico? Queste sono classiche domande che anche noi, oggi studenti di fisica e giovani ricercatori, ci siamo fatti all’inizio della nostra formazione e che spesso ci sentiamo rivolgere da amici, conoscenti e parenti. Vi assicuriamo che tutti i giorni i fisici devono – anche implicitamente – rispondere a queste due domande e in fondo il motivo è molto semplice: la Scienza è per tutti, negli intenti, negli scopi e anche nel suo sviluppo. Se noi scienziati non siamo in grado di spiegare a chiunque quello che facciamo, con le giuste parole, allora è possibile che quello che stiamo facendo non abbia poi molto senso. Piuttosto che rispondere a questa provocazione con delle definizioni e con delle discussioni che riguardano il cosa fare o il come farlo, potremmo cercare le risposte nella vita concreta di un fisico.
Bruno Touschek è un giovane austriaco appassionato di moto, di velocità e di emozioni. Gli piace disegnare, ha notevoli doti artistiche, ama costruire apparecchiature elettroniche e curiosare ovunque. Ha visitato più volte l’Italia e Roma, città in cui vive sua zia Adele, e a trentuno anni decide di trasferirsi per proseguire le sue attività nella Capitale. Già sembra incredibile che qualcuno avverta il desiderio di venire a vivere nel nostro paese, luogo dal quale si dice che tutti i cervelli siano soliti fuggire. In effetti abbiamo un po’ barato: siamo negli anni ’50.

Composizione realizzata da Beatrice e Dario Congiu del Lic. Sc. Bruno Touschek, Grottaferrata (RM), in occasione della tavola rotonda “Bruno Touschek: l’uomo e lo scienziato” del 28-01-2009 (fonte: LNF/INFN).
Tra febbre e pallottole
Bruno nasce il 3 febbraio del 1921 a Vienna. In questa città inizia i suoi studi e all’età di sedici anni viene costretto ad abbandonare la sua scuola a causa della discendenza ebraica della madre, deceduta qualche anno prima, nel 1931. Bruno riesce a sostenere gli esami di maturità privatamente, presso un’altra scuola, e a iscriversi all’università di Vienna al corso di laurea in Fisica e Matematica. Non molto tempo dopo, però, deve lasciare di nuovo gli studi e la sua amata città, sempre a causa delle persecuzioni razziali. Si trasferisce in Germania dove, con l’aiuto di alcuni amici, trova lavoro ad Amburgo in una ditta affiliata alla Philips. In questo ambiente inizia ad apprendere molti dettagli sulla costruzione di impianti di potenza a radiofrequenza: la ditta per la quale lavora produce infatti gli antesignani dei moderni tubi klystron, tubi a vuoto che convogliano elettroni liberi o riuniti in fasci per impieghi nella trasmissione di segnali radar, di segnali televisivi e anche di segnali da introdurre negli acceleratori di particelle. In questo ambiente Bruno lavora direttamente a contatto con il materiale e con i mezzi che, in un futuro non lontano, costituiranno un’importante fonte di ispirazione per le sue ricerche. Proprio nella sua azienda ha la possibilità di studiare alcuni progetti su una macchina che accelera cariche elettriche, il Betatrone di Wideroe. Questo ingegnere stava costruendo ad Amburgo un acceleratore e Bruno lo contatta per suggerirgli alcune correzioni ai suoi calcoli: nasce così una collaborazione che entusiasma moltissimo entrambi. Nel 1945, tuttavia, Bruno viene arrestato dalla Gestapo e, dopo qualche mese di prigionia, trasferito in un campo di concentramento a Kiel. La sorte sembra voltargli le spalle ma, curiosamente, la febbre lo salva dai tedeschi: durante il trasferimento, stremato dalla malattia e sotto il peso dei libri che porta con sé, crolla a terra, faccia in giù nella neve. Un soldato tedesco gli spara un colpo in testa e lo lascia in una pozza di sangue, ma la pallottola lo prende di striscio sull’orecchio. Qualche ora dopo il giovane fisico riesce a riprendersi e si ritrova inaspettatamente libero…
Come finisce la storia? Non è il caso di continuare a raccontare di quanto Bruno fosse un ragazzo vivace e pieno di curiosità, uno che si tuffava nudo nei laghi della Scozia, che aveva costruito una piscina sopra il suo garage a Via Pola a Roma, che dopo essere caduto due volte dalla sua nuova motocicletta aveva passato la notte a fare calcoli per dimostrare un difetto di progettazione (provocandone il ritiro dal commercio!), uno che sosteneva che il Superego è solubile nel vino. È più interessante, invece, raccontare quanto sia cambiata la Fisica grazie ai suoi contributi.
Carta e penna vs. Viti e bulloni

Touschek si divertiva spesso a fare caricature. Qui è ritratta una tipica scena da laboratorio: una discussione sul campo magnetico in base alla regola delle tre dita. Bruno la disegnò su una pagina del registro delle misure fatte con AdA ad Orsay durante il Simposio sugli anelli di accumulazione tenutosi in quel laboratorio dal 26 al 30 settembre 1966. Fu poi stampato negli atti del simposio come pagina iniziale della sessione Magnetic Detectors – Radiative Corrections.
Tra i fisici esiste un linguaggio in codice che in genere distingue i precisini dagli smanettoni, quelli che preferiscono giocare con carta, penna e lavagne da quelli che preferiscono smontare e sbullonare: generalmente i primi si definiscono fisici teorici, i secondi fisici sperimentali. Chiaramente si tratta di poco più che folklore, ma vi assicuriamo che c’è più di qualche differenza tra queste due specie. Sono pochi i fisici che appartengono ad entrambi i gruppi: per esempio Einstein è stato un famoso teorico, come lo sono stati Dirac, Bohr e moltissimi altri. Invece Fermi, Touschek e Feynman fanno parte di quella categoria di scienziati sempre pronti a tutto. Molti dei professori che popolano i nostri dipartimenti, pur definendosi teorici, adorano realizzare esperimenti di ogni sorta nella propria casa! Questa tradizione si può far risalire ai tempi di Fermi e passa senza dubbio anche per Touschek.
Tornando a Bruno, possiamo affermare che prima di lui la fisica delle particelle adorava investigare la materia sparando particelle contro un bersaglio. Non solo. All’epoca si utilizzavano sempre particelle della stessa carica, per esempio un fascio di elettroni contro un bersaglio di elettroni. Proprio Touschek e Wideroe furono i primi a usare particelle di carica opposta, ovvero particelle e antiparticelle dello stesso tipo (elettroni contro positroni, nel loro caso), e a farle scontrare in moto. È facile capire la differenza: provate a immaginare due macchine che, a piena velocità, si scontrano frontalmente, rispetto a una macchina che piomba su un’altra parcheggiata. Anche se questa idea, espressa così, sembra banale, fino a un certo periodo nella storia della fisica nessuno ebbe il coraggio di provarci: fu Touschek il primo!
Da AdA a LHC
Nel 1960, in un solo anno, Bruno riuscì a proporre l’idea, a scrivere il progetto, a farlo approvare, a costruire la macchina e a metterla in funzione! Ovviamente molte persone parteciparono all’impresa e Carlo Bernardini, Giorgio Salvini, Luisa Pancheri e altri vi possono tutt’oggi raccontare molto in proposito. Il primo Anello di Accumulazione, come si chiama questo tipo di macchine acceleratrici di particelle, era talmente piccolo da poter entrare comodamente nella vostra camera da letto: fu battezzato AdA, nome datogli da Touschek in onore della zia. Subito dopo fu il turno di Adone, il suo successore più grande. Oggi tutti conosciamo l’LHC di Ginevra, che altro non è che l’ultima versione degli strumenti immaginati e prodotti da Touschek mezzo secolo fa.
Negli anni a venire furono costruiti anelli di accumulazione in tutto il mondo: negli USA, nell’ex URSS, in Germania, in Inghilterra, in Giappone, in Svizzera, … Tutto a partire da Frascati, per diffondersi a Brookhaven, Chicago, Cambridge, Novosibirsk, Ginevra, con la nascita del Tevatron, del LEP, del VEPP e tanti altri. Negli anni ’80, un allievo di Touschek, Carlo Rubbia, insieme a Simon van der Meer, propose la modifica di un acceleratore di protoni (l’SPS del CERN, a Ginevra) per far scontrare protoni e antiprotoni. Nel 1984, le loro idee e le loro scoperte furono premiate con il Nobel. Da dove credete che sia partito tutto questo? Da Bruno Touschek presso i Laboratori Nazionali di Frascati!