
L’Osservatorio Geodinamico sorge sulla parte più alta di Rocca di Papa, a ridosso dell’antica fortezza Colonna, da cui si gode di una panoramica unica sulla Capitale e su tutta l’area dei Colli Albani
L’Osservatorio Geodinamico di Rocca di Papa fu costruito nel 1886 su iniziativa di Michele Stefano De Rossi, quello che definiremmo oggi un amatore della sismologia. Già dal 1873 De Rossi era impegnato nell’organizzazione di una rete sismica nazionale, all’epoca ancora a carattere privato e basata sul lavoro di volontari sparsi per l’Italia. È però solo nel 1887, dopo il disastroso terremoto all’Isola d’Ischia, che la Reale Commissione geodinamica presieduta dal fisico Pietro Blaserna affidò all’Ufficio Centrale di Meteorologia (allora non esisteva ancora l’Istituto Nazionale di Geofisica) l’incarico di istituire una rete sismica nazionale. Fu allora accolta la proposta di De Rossi di costituire un Osservatorio permanente a Rocca di Papa. Tale localizzazione era legata alle caratteristiche sismologiche del territorio, che si trova all’interno di quello che era l’apparato vulcanico dei Colli Albani. Il nuovo Osservatorio, insieme a quelli di Catania e Casamicciola, era uno dei tre di prim’ordine istituiti dalla commissione Blaserna come cardini del nascente servizio sismico nazionale ed era quindi fornito dei migliori sismografi dell’epoca.
Con il tempo l’Osservatorio si affermò come uno dei poli mondiali della sismologia, con la direzione di Giovanni Agamennone e l’impiego di autorevoli personalità del settore, tra cui uno dei fondatori della moderna sismologia, Fusakichi Omori. Nel 1936 l’Osservatorio passò in gestione al neonato Istituto Nazionale di Geofisica, ma patì dei fatti drammatici del periodo: con l’inizio della guerra le attività dell’istituto subirono un forte rallentamento e nel 1944 la sede di Rocca di Papa venne occupata dalle truppe tedesche. Solo nel 1951 furono riprese le attività di monitoraggio che si svolgono tuttora, nell’ambito della moderna rete sismica nazionale.
Il 26 Febbraio del 2005 viene inaugurato un Museo Geofisico all’interno dei locali dell’Osservatorio: un viaggio all’interno della Terra, come titola il famoso libro di Jules Verne e come è opportunamente rievocato da una locandina cinematografica all’ingresso. Il Museo, ospitato in uno dei luoghi natali della sismologia italiana, è un affascinante connubio di divulgazione e storia di una disciplina che ha ancora un gran numero di misteri da svelare: la fisica della terra solida. È proprio su questo doppio filo tra storia e didattica che si sviluppa il percorso museale, tra supporti interattivi sul magnetismo terrestre e la composizione interna della Terra, l’esposizione di strumenti di misura antichi appartenenti all’osservatorio, e molto altro. Un vero e proprio invito alla scienza in generale, intesa come disciplina dinamica e creativa in continuo progredire, attraverso l’esposizione storica delle teorie sull’interno della Terra, dell’evoluzione degli strumenti per studiarla, del metodo d’indagine sperimentale attraverso giochi e laboratori didattici.
Da Osservatorio a Museo di Geofisic

Alcuni dettagli delle esposizioni museali: a sinistra il gioco “Cerca il Polo” sul magnetismo terrestre; a destra un carotaggio della crosta; al centro gli studi sulla composizione delle meteoriti, simile a quella degli strati della crosta terrestre (da museoroccadipapa.ingv.it).
Il Museo si estende su tre piani e in ogni sala c’è un coinvolgente intreccio di supporti ludico-interattivi, pannelli didattici e strumenti storici. Come in un viaggio all’interno del mondo della Scienza, nella prima sala ci sono diversi pannelli sul metodo scientifico, in cui la riflessione è concentrata sulle metodologie attraverso cui è possibile indagare la struttura interna della Terra. Sono presentate quelle dirette, basate sull’analisi di dati provenienti dalla superficie della Terra (cfr. Figura 2 a destra), e quelle indirette, che cercano di ricostruire i nessi di causalità tra i fenomeni osservabili e quelli profondi, inaccessibili all’uomo (cfr. Figura 2 al centro). Il percorso di conoscenza della Terra prosegue nel regno del magnetismo terrestre con un gioco chiamato “Cerca il Polo”, visibile a sinistra della Figura 2: in una semisfera nera è contenuto un magnete che può essere spostato da un giocatore, provocando la variazione del polo magnetico della seconda semisfera, dove è rappresentato un mappamondo. L’altro giocatore dovrà individuare la nuova posizione del polo magnetico tramite una bussola. La seconda sala è dedicata agli strumenti sismografici e vi si possono osservare in presa diretta le misure della stazione sismica, oltre che constatare l’evoluzione tecnica di questi strumenti, dagli esemplari storici di tipo Galitzin ai più moderni accelerometri. Al secondo piano ci si immerge nella storia delle teorie sulla composizione interna della Terra e del conflitto tra fluidisti e solidisti, un dibattito che vide comparire nomi autorevoli della fisica-matematica del XIX secolo, da Poisson a Leibnitz ad Ampère.
Dalla ricerca alla divulgazione: quattro chiacchiere con il direttore Calvino Gasparini

Calvino Gasparini, direttore del Museo Geofisico e ricercatore in forze all’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) (fonte: http://portale.ingv.it/).
Tra i promotori dell’istituzione del Museo Geofisico è stato l’attuale direttore Calvino Gasparini, ricercatore in forze all’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV) e profondo conoscitore dell’attuale situazione della sismologia italiana.
Quando e perché avete pensato di aprire un Museo geofisico proprio nell’osservatorio storico di Rocca di Papa?
In verità i termini del problema erano invertiti: avevamo un edificio storico nel quale con l’avvento della telematica (trasmissione a distanza dei dati) non era più necessario che vi risiedessero delle persone. L’edificio era stato progressivamente abbandonato e popolato dai soli strumenti e dalle rare visite dei tecnici quando era rilevato qualche malfunzionamento. Gli alti costi di conservazione e manutenzione dell’immobile mi suggerirono di farlo tornare a vivere per le persone. Ma cosa farlo diventare? La cosa più semplice è stata quella di lasciargli raccontare la sua ricca storia di luogo di ricerca e studio. Quindi un museo sui generis dove non si esponessero collezioni o altro, ma si mostrassero le idee che tra le proprie mura si sono sviluppate in risposta alla domanda: che cosa c’è dentro la Terra?
Nel difficile lavoro di coniugare il rigore e lo specialismo con una buona divulgazione, cosa significa dirigere un museo scientifico?
Dirigere un museo di questo tipo significa un poco raccontare la propria storia di ricercatore così come quella dell’edificio: dalla formazione iniziale all’acquisizione delle ricerche passate, proseguendo con le ricerche intraprese nella propria carriera scientifica fino alla validazione dei modelli acquisiti internazionalmente. La buona divulgazione si raggiunge utilizzando lo stesso metodo scientifico: va sempre verificato ciò che si dice, ponendosi la domanda chi ci ascolta ha recepito esattamente quello che volevamo dire? Nel nostro caso la grande difficoltà sta nell’enorme varietà dell’uditorio, dai bambini agli adulti.
All’Osservatorio di Rocca di Papa si svolge anche il monitoraggio della concentrazione di Radon nelle falde. Alla luce dello stato attuale della ricerca sull’utilizzo di segnali precursori per la previsione dei terremoti, si può considerare l’osservazione dell’anomalia del Radon come un precursore sismico?
Il Radon è un gas nobile radioattivo, incolore, inodore, insapore, che si manifesta naturalmente come prodotto di decadimento del radio. La possibilità che l’emissione di Radon possa essere considerata come elemento precursore dei terremoti è stata indagata soprattutto negli anni ’70 e ’80, senza però risultati affidabili, e prosegue ancora oggi. L’ipotesi di fondo è che il Radon sia collegato ai terremoti a causa del comportamento che le rocce hanno quando sono sottoposte a tensione. Una teoria detta della dilatanza, sperimentata in laboratorio negli anni ’60, afferma che nelle rocce, prima della rottura, si formano numerose, piccolissime fratture e porosità, che causano un aumento di volume complessivo. Tale volume aggiuntivo si perde nell’ultimo stadio dell’accumulo di energia, poco prima dell’inizio dello scorrimento della frattura, richiedendo l’espulsione dalle porosità delle rocce di vari liquidi e gas, tra cui il Radon, che si liberano attraverso le fratture. Come tutti i fenomeni fisici, il terremoto dovrebbe, con un certo grado di probabilità, essere previsto, ma a tutt’oggi è ancora un mistero: le ragioni di tale situazione sono insite nella difficoltà di non poter studiare direttamente la sorgente sismica.