Il 6 aprile del 2009 a L’Aquila la terra ha tremato così violentemente da far crollare interi palazzi e sconquassare il centro della città e molti degli abitati circostanti, con un totale di 308 vittime e più di sessantamila sfollati. Che ad oggi i terremoti non si possano prevedere è cosa risaputa, ma dare almeno una stima del rischio sismico di una regione e della vulnerabilità degli edifici presenti è possibile. In questa logica, se è impossibile evitare un terremoto, è invece possibile mitigarne gli effetti sulla popolazione e fare in modo che non si trasformi in una tragedia.
E che la zona dell’Aquila fosse una zona ad alto rischio sismico era noto da numerosi studi di sismologia come [1]; che molti edifici della città fossero fortemente vulnerabili era stato documentato in modo ufficiale e puntuale nel rapporto redatto da Franco Barberi, presidente vicario della Commissione Grandi Rischi della protezione civile, in [2].

Gaetano De Luca
Nel 1999 un sismologo dell’INGV, Gaetano de Luca, osservò dalle misure sullo sciame sismico del terremoto umbro-marchigiano che il terreno sottostante il centro storico aquilano dava un importante fattore di amplificazione per le onde sismiche e denunciò in [3] la necessità di accelerare il processo di messa in sicurezza degli edifici. Lo abbiamo intervistato per conoscere meglio il suo lavoro e le sue opinioni sugli argomenti aperti e dibattuti della prevenzione e della ricerca sui precursori sismici.
Iniziamo dalla cronaca giudiziaria: qual è la sua opinione sugli avvisi di garanzia per mancato allarme in relazione al terremoto de L’Aquila del 6 Aprile 2009, spiccati contro Boschi (presidente dell’INGV) e Barberi, entrambi membri della Commissione Grandi Rischi incaricata di valutare la situazione di allarme connessa allo sciame sismico che ha preceduto la grande scossa?
È difficile avere un’opinione su un argomento così delicato visto che nessuno conosce tutti gli atti tranne la Procura della Repubblica de L’Aquila. Non mi sembra che la magistratura abbia detto che la commissione Grandi Rischi doveva prevedere il terremoto. Non capisco questo atteggiamento da parte della ricerca contro la magistratura: è dovere di quest’ultima indagare (costituzionalmente previsto, art. 112 sull’obbligo dell’azione penale da parte del Pubblico Ministero in presenza di decine di esposti, denunce, ecc.), quindi aspettiamo e diamo tempo alle parti coinvolte di lavorare in pace senza attacchi di berlusconiana memoria.
Tempo fa lo stesso Boschi si è espresso pubblicamente contro gli allarmismi indotti dalla lettura inesperta e incompetente dei dati sismologici pubblicati in tempo reale sul sito dell’INGV, arrivando a ipotizzare di limitare l’accesso ai dati relativi ai rilevamenti di scosse deboli. Qual è la sua opinione su questa presa di posizione?
Il professor Boschi si riferiva molto probabilmente al sito ISIDE del CNT dell’INGV (Centro Nazionale Terremoti dove lavoro come comandato del DPC dal 2003 circa). E ha ragione, i dati sismici devono essere letti da chi li sa leggere! Sul sito vi è infatti un Disclaimer (Condizioni di Utilizzo, ndr) preciso: i dati raccolti nel Bollettino Sismico dell’INGV sono destinati a utenti qualificati per una loro corretta interpretazione. I parametri forniti sono la migliore stima ottenibile con i dati in possesso dell’INGV e sono costantemente aggiornati in funzione di ulteriori dati che si rendano disponibili. Sebbene tutti i parametri forniti siano stati rivisti da analisti sismologi, nessuna garanzia implicita o esplicita è fornita insieme ai dati. Ogni rischio derivante da un uso improprio dei parametri o dall’utilizzo di informazioni inaccurate è assunto dall’utente… Più chiaro di così!
In primavera è uscito un lavoro che porta anche la sua firma sulla misura delle anomalie di concentrazione dell’Uranio nella falda acquifera nella fase di preparazione del terremoto del 6 Aprile [4]. Qual è la sua opinione sull’utilizzo delle misure di anomalia del Radon e dell’Uranio come precursori dei terremoti?
Premetto che non faccio più parte dell’esperimento ERMES di cui all’articolo e non voglio entrare nei dettagli dei miei rapporti con il professor Plastino, diciamo che dal 1° gennaio 2010 sono stato allontanato in quanto non servivo più e mi è stato vietato di parlare di tutto quello che riguardava ERMES, anche del lavoro su citato.
In generale non sono il tipo a caccia dello scoop scientifico, né tantomeno a caccia di improbabili precursori sismici, poiché anche se potessimo avere le capacità di prevedere un terremoto (forse tra 100 anni!) non potremo mai evitarlo. Abbiamo una sola arma in nostro favore ed è quella della prevenzione, non ci sono alternative. Nella prevenzione, per quel che riguarda le mie competenze, sono necessari alti livelli di monitoraggio ambientale.
Qual è la sua opinione nel dibattito sulle previsioni dei terremoti, innescato dall’articolo di Geller et al. apparso nel 1997 su Science [5]? In particolare qual è la sua opinione in relazione alla ricerca nel campo dei metodi empirici per le previsioni a breve termine?
Non conosco l’articolo, ho seguito un po’ il dibattito però resto sempre dell’avviso che la prevenzione è l’arma migliore che abbiamo. La previsione di un evento sismico per me rimane ancora una chimera, in quanto le variabili in gioco sono esageratamente alte, conosciamo molto poco di quello che abbiamo sotto i nostri piedi (0-30 km) per poter pensare di fare modelli previsionali. Addirittura anche localizzare un evento sismico è legato a un modello di velocità del mezzo che a volte è lontano dalla realtà o estremamente semplice.
Torniamo alla sua vicenda: nel 1999 denunciò pubblicamente di aver riscontrato dalle analisi delle misure di diversi terremoti un’amplificazione di un fattore 10 delle onde sismiche nel centro storico de L’Aquila, rimarcando la necessità di considerare la zona come regione ad altissimo rischio sismico. Il risultato di queste osservazioni venne poi pubblicato nel 2005 sul Bulletin of the Seismological Society of America, prestigiosa rivista del settore [3]. Cosa avvenne dopo la sua denuncia?
Non voglio parlare della mia vicenda del 1999, sarebbe lungo e noioso. Per i più curiosi su YouTube vi è un video (poco più di 17 minuti) realizzato con il gruppo di Beppe Grillo dove riesco, con l’ausilio di grafici e figure, a parlare in maniera molto tecnica e al tempo stesso semplice del problema dell’amplificazione.
Rispondo però semplicemente che sono stato censurato nel novembre del 1999 dal mio ex direttore (dell’ex Servizio Sismico Nazionale) il giorno dopo una conferenza stampa locale in cui si è cercato di sensibilizzare l’opinione pubblica e la politica locale. Prendo spunto per ricordare che il rischio sismico è collegato principalmente a due fattori: la pericolosità sismica di un territorio e la vulnerabilità degli edifici presenti in quel territorio. Quindi è chiaro a tutti cosa può significare aggiungere un fattore 10 di amplificazione a tale relazione…

Mappa italiana del rischio sismico.
Eppure il rapporto Barberi [2] parlava chiaramente della necessità di mettere in sicurezza gli edifici del centro storico de L’Aquila. Quindi una denuncia documentata e pubblica del rischio c’era già stata…
In realtà il rapporto Barberi non sottolineava la necessità di mettere in sicurezza, ma era un semplice censimento sulle vulnerabilità degli edifici. Tale raccolta è stata effettuata utilizzando delle schede di vulnerabilità che spesso è molto lontana da quella reale degli edifici, basti pensare a edifici antichi che hanno già subito nel passato terremoti di magnitudo superiore a 6. Comunque meglio di niente! Era un buon punto di partenza per pianificare misure e interventi.
Qual è lo stato della rete di monitoraggio sismico abruzzese? Perchè nel 2002 furono interrotte le misure e per quanto tempo?
Attualmente sono ospite, insieme al centro di acquisizione dati della rete di monitoraggio sismico a scala regionale, presso i LNGS dell’INFN (che ringrazio pubblicamente) in quanto sto aspettando la nuova sede dell’INGV in zona rossa del centro storico de L’Aquila, forse entro l’anno.
Attualmente la rete è in perfetta efficienza e conta ben 18 stazioni digitali a 3 componenti (velocimetri a 1 Hz di frequenza propria, verticale, nord-sud ed est-ovest per ogni stazione). La comunicazione avviene tramite canale dati con modem GSM ed è centralizzata, in parole povere utilizzo cellulari e lavoro da solo!
Nel 2002, subito dopo il terremoto del Molise, la rete sismica in Abruzzo fu interamente smantellata. Non ci sono motivazioni, ho conservato la lettera in cui mi si chiedeva di consegnare tutte le chiavi e i riferimenti dei siti. Nel 2003 sono riuscito ad andare via (in comando presso l’INGV) e con molta fatica e con l’aiuto dell’ex direttore del Centro Nazionale Terremoti dell’INGV, il dottor Alessandro Amato, sono riuscito a portare con me al CNT tutta la strumentazione sismica che era stata immagazzinata. Un valore di circa 3 miliardi delle vecchie lire di strumentazione abbandonata in un magazzino! Con tale strumentazione il CNT ha creato la rete di monitoraggio regionale in Abruzzo, Umbria, parte della Toscana (Osservatorio di Prato) e potenziato le reti sismiche regionali già esistenti in Liguria e nelle Marche.
Ho iniziato a reinstallare la rete regionale in Abruzzo con una cadenza di una stazione al mese circa. Prima stazione nel dicembre 2005, ultima stazione nell’aprile 2007. Contemporaneamente ho lavorato pesantemente sul miglioramento della rete sismica nazionale nell’Appennino Centrale Abruzzese. Dal 2002, anno in cui vi erano solo 3 stazioni funzionanti siamo arrivati nel dicembre 2008 a oltre 30 stazioni, esclusa la rete regionale.
Qual è lo stato del monitoraggio sismico in Italia? E lo stato della ricerca nel settore?

Esempio di rilevatore sismico installato nei pressi de L’Aquila, composto da un acquisitore digitale dei dati, un rilevatore GPS e un modem GSM per l’invio e la ricezione in tempo reale (per gentile concessione del dottor De Luca).
Direi molto buono! Come accennato prima, l’INGV, o meglio il Centro Nazionale Terremoti, dal 2002 circa ha fatto uno sforzo notevole passando da poco meno di 100 stazioni in tutto il territorio nazionale, in gran parte monocomponente (verticale) con acquisizione e trasmissione analogica, a poco meno di 400 stazioni nel 2008, tutte digitali, tutte a 3 componenti (alcune con altri tre canali con sensori accelerometrici) con acquisizione e trasmissione digitale sia via cavo che satellitare (efficiente soprattutto in caso di terremoto violento).
Quella che a mio parere andrebbe potenziata è la parte di analisi veloce, la cosiddetta Real Time Seismology, unita a studi di sismologia avanzati e di dettaglio sui dati che in tempo reale e in continua confluiscono in sala sismica a Roma.
Infine una domanda sul post-terremoto: dal momento che lei ha vissuto sulla pelle il dramma del terremoto, può darci un’opinione sulla gestione della ricostruzione e sullo stato di ripresa delle attività?
Semplicemente che chi canta stona e chi non canta critica. Non entro chiaramente nel merito dello scandalo cricca della Protezione Civile, c’è la magistratura che dovrà andare avanti… parlo per quello che ho visto con i miei occhi. La macchina dell’emergenza ha funzionato direi più che bene! Faccio una critica? Direi che il Dipartimento della Protezione Civile dovrebbe cambiare nome in Dipartimento per le Emergenze Nazionali, credo sia più realistico. In generale, visto quello che accade in Italia (e non mi riferisco solo ai danni da terremoto, ma anche a frane, inondazioni, ecc.), non siamo in grado di fare prevenzione. È amara come considerazione, ma di fatto è la realtà e i dati non mi smentiscono. Speriamo almeno che questo terremoto sia servito come lezione…
Grazie