Il telefono cellulare o il computer che usiamo ogni giorno contengono componenti elettronici realizzati utilizzando diversi materiali, quali metalli, materiali ceramici e semiconduttori, come il silicio. Considerando le peculiari caratteristiche dei superconduttori, come l’assenza di dissipazione o l’effetto Meissner, viene naturale chiedersi quali siano le possibili applicazioni e le potenzialità di componenti elettronici superconduttori. Poiché la superconduttività si presenta a temperature molto basse, dell’ordine di -170 °C, le applicazioni non saranno in prodotti di consumo bensì, come vedremo, al servizio di sistemi industriali, di ricerca e nella medicina.
Dal punto di vista della fisica fondamentale, i circuiti superconduttori hanno qualcosa in comune con il laser e il transistor. In essi la dinamica quantistica microscopica si manifesta in modo evidente a livello macroscopico. Questo li rende particolarmente affascinanti e misteriosi per un osservatore abituato al mondo classico. Per cominciare vediamo quindi quali sono i principi fondamentali che governano la loro dinamica [1].
Quantizzazione del flusso magnetico ed effetto tunnel
In un anello superconduttore il flusso magnetico è un multiplo intero del quanto elementare di flusso, che può essere espresso in termini della costante di Planck h, e della carica elettrica e. Questo risultato nella sua semplicità e universalità ci stupisce. Possiamo immaginare circuiti superconduttori realizzati con diversi tipi di elementi, come l’alluminio o il niobio, di diverse dimensioni e fogge: in tutti la quantizzazione del flusso ha la stessa forma e dipende solo da costanti universali.
L’importanza della meccanica quantistica diventa ancor più evidente nel caso di circuiti contenenti le cosiddette giunzioni Josephson. Una giunzione Josephson può essere realizzata ponendo, per esempio, un sottile strato isolante fra due superconduttori, come mostrato nella figura a lato, o con un sottile ponte superconduttore. La cosa sorprendente è che anche in questo caso la dinamica del sistema, apparentemente complesso, è semplice e, soprattutto, che la barriera non distrugge la superconduttività. Al contrario, un circuito con una giunzione Josephson può sopportare correnti anche dell’ordine di 100 μA senza alcuna dissipazione.

Figura 1 – Giunzione Josephson formata da due superconduttori separati
da un sottile strato isolante.
Vi chiederete: “come possono gli elettroni attraversare la barriera isolante?” La risposta va cercata nella meccanica quantistica:
il passaggio di corrente attraverso una giunzione Josephson è possibile grazie a un effetto quantistico detto effetto tunnel.
La meccanica quantistica infatti prevede che le particelle abbiano una probabilità diversa da zero di attraversare una barriera classicamente impenetrabile. L’effetto tunnel avviene anche in sistemi non superconduttori: la peculiarità di questo caso è che il tunneling è coerente, ovvero implica una sorta di sincronizzazione del moto degli elettroni ai due lati della barriera, come la dama e il cavallo nel quadro di Magritte “Carte blanche” visibile qui sotto.

Figura 2 – R. Magritte, “Carte blanche” (1965): rappresentazione
pittorica dell’effetto tunnel nelle giunzioni Josephson.
Un altro aspetto interessante della dinamica delle giunzioni Josephson è che esse si comportano come delle induttanze non lineari. In un circuito superconduttore contenente una giunzione Josephson la corrente ha una dipendenza non lineare dal flusso magnetico concatenato al circuito e questo effetto viene sfruttato in moltissime applicazioni, in particolare nella realizzazione di magnetometri.
Come forse emerge già dal piccolo assaggio che abbiamo dato qui, ben pochi aspetti della dinamica dei circuiti superconduttori dipendono dalle loro caratteristiche specifiche, molte di queste proprietà sono in effetti la manifestazione di simmetrie fondamentali della Natura.
Piccolo aneddoto sulla scoperta delle proprietà delle giunzioni Josephson
In questa storia, l’audacia vinse sull’esperienza e la matematica poté più dell’intuito. Nel 1962 Brian Josephson era uno studente ventiduenne che faceva il dottorato a Cambridge. Nello stesso anno John Bardeen aveva 54 anni, aveva già vinto il premio Nobel nel 1956 per il transistor con W. Schockley e W. Brattain e formulato la teoria BCS della superconduttività con L. Cooper e R. Schrieffer1. Josephson sosteneva che, grazie all’effetto tunnel, si poteva avere una corrente non dissipativa tra due superconduttori separati da una sottile barriera. Per quanto all’epoca il fenomeno potesse sembrare strano, Josephson ne aveva discusso con altri fisici ed era sicuro del risultato. Bardeen sosteneva invece che Josephson si sbagliava e che il tunneling coerente tra due superconduttori non era possibile, mettendo pubblicamente in dubbio le teorie di Josephson. Nel gennaio del 1963 l’effetto Josephson fu osservato sperimentalmente da P. Anderson e J. Rowell e in seguito le predizioni di Josephson furono confermate con una precisione elevatissima fino all’ordine di 10-19. Il grande Bardeen fu costretto a ritirare le sue obiezioni al lavoro del giovane Josephson che nel 1973 vinse anch’egli il premio Nobel.
Magnetometri e computer quantistici
Tra le applicazioni dell’effetto Josephson che emersero poco dopo la sua scoperta vi sono quelle metrologiche. I superconduttori, per la loro universalità, sono infatti considerati candidati ideali per la costruzione di circuiti campione. Oggi il campione metrologico di tensione, che definisce il Volt, è ottenuto con un chip superconduttore contenente 300.000 giunzioni Josephson realizzato al NIST, il National Institute of Standards and Technology americano.
Altre applicazioni dell’effetto Josephson, forse più rilevanti per la nostra vita quotidiana, riguardano la medicina. Le giunzioni Josephson vengono infatti utilizzate nella misura di campi magnetici molto deboli come il campo magnetico generato dagli impulsi nervosi. La sensibilità dei circuiti superconduttori come magnetometri si aggira intorno ai 10-17 Tesla.

Figura 3 – Evoluzione temporale dell’attivita celebrale misurata con la `
MEG a seguito della lettura di alcune parole. Da [12].
Negli ultimi anni, i circuiti superconduttori hanno mostrato un altro aspetto estremamente interessante del loro carattere. Diversi gruppi sperimentali hanno infatti osservato che in questi sistemi alcune variabili macroscopiche, come la corrente, si comportano quantisticamente. Numerosi fenomeni quantistici macroscopici, quali l’effetto tunnel tra stati macroscopicamente differenti e la correlazione quantistica, anche detta entanglement [3], di circuiti superconduttori distanti sono stati dimostrati sperimentalmente. Ma perché menzionare questi effetti tra le applicazioni? La risposta è che la dinamica quantistica nei circuiti superconduttori può essere sfruttata per la realizzazione di dispositivi per l’informazione quantistica [4] e quindi la computazione quantistica. Il tema è ampiamente affrontato in “Luce e computer quantistici“, qui basti ricordare che in un computer quantistico l’informazione è codificata nei qubit, sistemi quantistici a due livelli, analoghi dei bit classici; le operazioni logiche fondamentali sfruttano i principi della meccanica quantistica; le operazioni logiche che compongono un algoritmo quantistico vanno effettuate prima che lo stato quantistico decada a causa dell’interazione con il mondo esterno, questo avviene in un tempo detto tempo di decoerenza; alcuni compiti particolarmente delicati per un computer classico potrebbero diventare più semplici e più veloci, come la scomposizione in fattori di un numero intero arbitrario o la simulazione di sistemi complessi. I due livelli quantistici in un qubit superconduttore possono essere per esempio due stati con diversa corrente. I vantaggi fondamentali offerti dai circuiti superconduttori nella realizzazione di qubit sono due: la possibilità di integrarne un grandissimo numero su chip e la facilità e rapidità con cui le operazioni logiche possono essere effettuate mediante l’applicazione di campi elettrici e magnetici. Uno dei problemi principali è invece che il tempo di decoerenza in questi sistemi è in genere troppo breve per effettuare un numero sufficiente di operazioni logiche. Questo limite ha portato moltissimi gruppi sperimentali e teorici a studiare le cause della decoerenza nei circuiti superconduttori e a cercare nuove strade per allungarne i tempi. Il problema sembra però oggi sulla via della soluzione: recentemente, infatti, in questi circuiti sono stati osservati tempi di coerenza dell’ordine di 10 μs. Questo è un tempo lunghissimo se si confronta con il tempo tipico di una singola operazione (circa 50 ps = 50 x 10-6 μs) ed è già sufficiente per implementare semplici algoritmi non banali [5].
Questo risultato, insieme a molti altri ottenuti in diversi laboratori di tutto il mondo potrebbe aprire la strada a nuovi e interessanti sviluppi. Chi fosse interessato può seguire il consiglio che R. Feynman dava agli studenti alla fine della sua lezione sull’effetto Josephson: “learn quantum mechanics as soon as possible” [1].