Come abbiamo imparato dalle precedenti sezioni, la teoria di Bardeen, Cooper e Schrieffer (BCS) nasce e si sviluppa principalmente per descrivere una particolare fase nei metalli. Verso la fine degli anni ’70, grazie agli studi pionieristici di Frautschi e Barrois (cfr. [1] e [2]), si comprese che fenomeni di tipo superconduttivo potevano manifestarsi in campi di ricerca diversi: la teoria BCS poteva essere estesa, in particolari condizioni e con qualche modifica, all’interazione forte.

Figura 1 – Cio che rimane della supernova G11.2-0.3, alla cui esplosione `
hanno probabilmente assistito gli astronomi cinesi nel 386 a.C. Al centro
e visibile quella che probabilmente ` e la stella di neutroni rimasta dopo `
l’esplosione. Foto del Chandra X-ray Observatory della NASA: http:
//chandra.harvard.edu/photo/2007/g11/.
Condizioni estreme: materia superdensa
Ma cosa si intende per particolari condizioni. Per capirlo consideriamo uno dei sistemi (astro-)fisici in cui può esistere superconduttività (SC) a livello sub-nucleare: le stelle compatte. L’aggettivo compatte è usato per distinguere un genere particolare di stelle da quelle ordinarie, come potremmo definire il Sole. Ciò che le rende diverse è il fatto che al loro interno non avviene alcuna reazione termonucleare che contrasti l’azione attrattiva della gravità. La loro stabilità è, invece, una diretta conseguenza dell’elevata densità che le caratterizza. A questa famiglia appartengono gli oggetti con la più grande concentrazione di materia nell’universo, le stelle di neutroni. In breve, esse rappresentano una delle possibili fasi finali dell’evoluzione stellare, non sono altro che il residuo dell’esplosione di una supernova attraverso il quale la crosta e il mantello di una stella vengono spazzate nello spazio a grandi velocità. In letteratura sono molte le speculazioni riguardo quali possano essere le fasi della materia all’interno delle stelle di neutroni e una rappresentazione schematica è riportata nella figura sottostante.

Figura 2 – Speculazioni teoriche sulla composizione delle stelle di
neutroni. Da Fridolin Weber: http://www-rohan.sdsu.edu/
-fweber/.
Sul nostro pianeta la densità della materia è dell’ordine di qualche g/cm3 (circa 7,8 g/cm3 nel caso del ferro) e la sua struttura è determinata sostanzialmente da interazioni di natura elettromagnetica, come accade per le strutture cristalline, responsabili della formazione dello stato solido. Le stelle di neutroni hanno, invece, una massa paragonabile a quella del Sole, concentrata in soli 10-15 km di raggio (il raggio di Roma, per intendersi): negli strati più interni della stella, quindi, la densità può raggiungere (e superare) le densità caratteristiche dei nuclei atomici (circa 1015 g/cm3) e questi oggetti possono a tutti gli effetti essere pensati come degli immensi nuclei.
In tali condizioni le particelle, anziché formare stati aggregati isolati, sono in uno stato analogo a quello degli elettroni a basse temperature nei solidi. Le particelle delle stelle di neutroni devono rispettare il Principio di Esclusione di Pauli, che impedisce loro di occupare lo stesso stato quantistico. Il che significa che i neutroni, come gli elettroni all’interno degli atomi, riempiono uno dopo l’altro i livelli di energia disponibili (che in un sistema quantistico sono discreti) a partire da quello con energia più bassa. Tale stato, in cui le particelle sono nella configurazione di massimo impacchettamento è denominato Mare di Fermi.
A densità (e quindi energie) così elevate infatti gli effetti termici risultano trascurabili e la stella può essere assimilata a un fluido di neutroni alla temperatura dello zero assoluto (0 K = -279,42 °C, anche se la temperatura reale all’interno della stella può superare i 109 K!). La presenza di un Mare di Fermi è condizione necessaria per l’esistenza di fasi della materia spettacolari, come quella superconduttiva e quella superfluida.
Stelle superfluide?
La supefluidità è caratterizzata, macroscopicamente, dalla totale assenza di attrito viscoso. Le prime evidenze sperimentali [3] della presenza di componenti superfluide nelle stelle di neutroni risalgono al lontano 1967 e sono state individuate da Jocelyn Bell e Antony Hewish nelle pulsar. Queste stelle sono così chiamate perché emettono radiazione elettromagnetica in modo periodico. L’emissione è dovuta al disallineamento tra l’asse di rotazione e quello del campo magnetico. Sebbene le pulsar siano quasi dei perfetti orologi, dal 1967 a oggi sono state scoperte pulsar che esibiscono delle anomalie rispetto a questa sorprendente regolarità. Sono stati infatti osservati degli improvvisi aumenti nella velocità di rotazione. Le anomalie riscontrate ricadono in una delle seguenti tipologie. I glitches, o macro-salti, sono caratterizzati da un improvviso aumento nella velocità di rotazione della stella, che tende lentamente a ritornare al suo valore iniziale. Tali salti sono attribuiti alle componenti del fluido al suo interno che non sono debolmente legate alla componente rigida che ruota. I micro-salti, invece, sono piccole e irregolari variazioni aleatorie, sulla cui natura si sta tutt’ora dibattendo. Infine vi sono le variazioni a lungo periodo. Responsabile di queste anomalie sembrerebbe la superfluidità, interpretata nei termini di una frizione tra le componenti superfluide e quelle normali della stella.
Instabilità superconduttiva
In ambito astrofisico la superconduttività può manifestarsi a diversi livelli, in quanto l’interazione dominante all’interno delle stelle di neutroni, quella nucleare forte, è molto più complessa di quella elettromagnetica. Come illustrato nelle altre sezioni, l’originarsi di un’instabilità superconduttiva è dovuta alla presenza di un’interazione attrattiva comunque debole tra le particelle, in modo che queste possano riorganizzarsi in coppie di Cooper. Dato che gli elettroni nei metalli intrinsecamente si respingono, non è facile che si realizzino tali condizioni e lo stato superconduttivo è uno stato raro e delicato che sopravvive solo a temperature di pochi Kelvin. L’interazione forte, al contrario, è per propria natura parzialmente attrattiva, o meglio, alcune componenti sono attrattive, mentre altre sono repulsive.

Figura 3 – Formazione di un gas di quark [10].
dove la densità può superare di (almeno) due, tre volte la densità dei nuclei. In queste condizioni è ragionevole pensare che i neutroni possano sovrapporsi, in senso quantistico, perdendo la propria individualità e generando un Mare di Fermi di quark, in presenza del quale è possibile che una debole attrazione possa alimentare la formazione di coppie (di-quark) e dare vita alla cosiddetta superconduttività di colore.
Interazioni colorate
L’interazione forte è una delle quattro interazioni fondamentali presenti in natura (le altre sono quella gravitazionale, debole ed elettromagnetica) ed e responsabile della stabilità dei nuclei e delle interazioni tra quark. I quark sono caratterizzati da una carica di colore, analoga alla carica elettrica. Esistono tre tipi di colore, red, green e blue (RGB), scelti in quanto colori fondamentali: ovvero ogni altro colore può essere generato da una miscela di questi tre. L’interazione avviene tramite lo scambio di mediatori, i gluoni, in analogia con i fotoni nell’elettromagnetismo. Da un punto di vista matematico la teoria che modellizza tale interazione e la Cromodinamica Quantistica (QCD), a oggi universalmente accettata come dimostra il premio Nobel per la Fisica conferito nel 2004 a Gross, Politzer e Wilczek. La QCD prevede per i quark le peculiari proprietà di confinamento e libertà asintotica nell’ultravioletto. Il confinamento è essenzialmente legato all’invisibilità dei quark, ovvero al fatto che le particelle colorate (ossia con carica di colore diversa da zero) non sono osservabili singolarmente, ma solo in aggregati con carica di colore globalmente nulla (per esempio i nucleoni). Per fare un paragone con la fisica atomica, e come se si potessero osservare solo gli atomi, elettricamente neutri, ma non le singole particelle elettricamente cariche (il protone e l’elettrone) che li compongono, che rimarrebbero sempre confinate all’interno dell’atomo senza poter uscirne. L’altra stravagante e controintuitiva proprietà della QCD è il fatto che la forza di interazione tra i quark cresce all’aumentare della distanza, così che a densità elevate le distanze tra quark sono mediamente molto piccole e la loro reciproca interazione è praticamente nulla.
Materia sempre più bizzarra
Finora abbiamo descritto le condizioni nelle quali può esistere una superconduttività diversa, ma le possibili conseguenze di condensati di quark a livello sub-nucleare sono solo parzialmente esplorate, a dimostrazione della complessità di tali sistemi; noi ci limiteremo a portare brevemente due esempi di possibili fasi superconduttive. Alla scala di energie tipiche dell’interno delle stelle di neutroni esistono sostanzialmente solo tre tipi di quark: due leggeri (up e down) e uno pesante (strange). Nel caso più semplice, che è favorito alle densità più alte, i tre tipi di quark si comportano allo stesso modo e si accoppiano tra loro in di-quark, in una fase detta color-flavour locked (CFL). Tuttavia, a densità inferiori la differenza di massa tra i tre quark può diventare importante e questo permette anche fasi più singolari, in cui solo i due quark più leggeri possono accoppiarsi (2-flavour superconducting color). In generale esiste una grande varietà di fasi e di modelli teorici che le descrivono, ma stiamo parlando di situazioni talmente bizzarre che le reali conseguenze di questi stati sono ancora fuori dalla portata degli studi sperimentali.